La consulenza delle banche e delle assicurazioni in materia di investimenti sostenibili è assente o lacunosa e i prodotti proposti non sono veramente in linea con gli obiettivi di protezione climatica. Secondo l’organizzazione ambientalista, le banche e le assicurazioni attive nel settore dell’asset management sono favorevoli ad attività che danneggiano l’ambiente e il clima da parte delle società in cui hanno una partecipazione. È quanto afferma Greenpeace Svizzera, che mercoledì ha pubblicato un’analisi del comportamento di voto di dieci tra i maggiori gestori patrimoniali operanti nella Confederazione. L’organizzazione ambientalista ha preso un campione casuale ed esaminato dieci votazioni tenutesi nel 2023 presso società le cui attività commerciali stanno aggravando la crisi climatica e distruggendo la biodiversità. «Dall’analisi emerge chiaramente che le banche e le compagnie di assicurazione non prendono sul serio la loro responsabilità di proteggere le basi naturali della vita, su cui si fondano l’economia e la vita umana nel suo complesso». UBS Asset Management, ad esempio, ha rifiutato di sostenere una risoluzione degli azionisti che avrebbe richiesto alla Royal Bank of Canada di limitare il finanziamento dell’estrazione di petrolio e gas, in particolare delle sabbie bituminose. Inoltre, la banca ha appoggiato la rielezione di vari presidenti di consigli di amministrazione responsabili di strategie aziendali dannose per il clima e l’ambiente, tra cui il presidente della ExxonMobil. BlackRock, a sua volta, ha persino votato contro un’iniziativa degli azionisti che chiedeva ad Amazon di rivelare il suo consumo totale di plastica e i suoi piani di riduzione. Un altro esempio: Swisscanto ha votato a favore della strategia climatica di TotalEnergies, nonostante sia in contrasto con gli obiettivi dell’Accordo sul clima di Parigi. Greenpeace Svizzera accusa i gestori patrimoniali inclusi nell’analisi (UBS, Credit Suisse, Pictet, Vontobel, Swiss Life, Swisscanto, Lombard Odier, BlackRock, AXA e GAM) d’investire i patrimoni che gestiscono, compresi quelli del secondo e terzo pilastro, in attività dannose per l’ambiente. «Non mettono in discussione queste attività nelle assemblee generali delle società investite e si astengono dall’obbligare le società a ridurre le loro emissioni e il loro consumo di risorse naturali. I gestori patrimoniali privilegiano invece una logica di profitto a breve termine». Allo stesso tempo, gli asset manager promettono di rendere più sostenibili le aziende in cui investono attraverso una proprietà attiva (nota anche come investment stewardship). Si impegnano inoltre pubblicamente a sostenere gli accordi internazionali per la protezione del clima e della biodiversità. «Tuttavia, questo impegno non si riflette in modo coerente nel comportamento di voto dei gestori di patrimoni nelle assemblee generali». Inoltre, molti degli asset manager analizzati non rivelano quali misure adottano per responsabilizzare i consigli di amministrazione delle società in cui investono se queste non raggiungono gli obiettivi di sostenibilità. Nel caso peggiore, prosegue Greenpeace, ci sono gestori patrimoniali che non pubblicano le ragioni del loro comportamento di voto. «L’asset management di Vontobel, ad esempio, non ha ancora pubblicato il proprio comportamento di voto a partire dal 2023, nonostante le richieste in tal senso». La mancanza di trasparenza fa sì che i gestori patrimoniali non riescano a inviare un segnale efficace ai responsabili di un’azienda in merito alla protezione del clima e dell’ambiente prevista. Questo rende anche molto difficile per gli investitori riconoscere se i loro asset sono gestiti in linea con gli impegni di sostenibilità assunti da banche e assicurazioni. «I risultati della nostra analisi sono preoccupanti», afferma Niki Vischer, esperta di finanza sostenibile di Greenpeace Svizzera e coautrice del rapporto. «Chiunque possieda azioni di una società ne diventa comproprietario e deve quindi assumersi la responsabilità delle conseguenze delle sue attività commerciali. I gestori patrimoniali effettuano investimenti per conto degli investitori ed esercitano i relativi diritti di azionista».«Gli asset manager devono esercitare la loro influenza», afferma Peter Haberstich, esperto di finanza sostenibile di Greenpeace Svizzera. «Devono obbligare le società in cui investono a perseguire strategie in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima e della Convenzione sulla diversità biologica. Ci aspettiamo che le loro promesse ecologiche non rimangano solo parole e che i gestori patrimoniali passino rapidamente all’azione». Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il tempo stringe: il riscaldamento globale sta progredendo più velocemente di quanto ipotizzato in precedenza e di conseguenza le emissioni di gas serra devono diminuire immediatamente e in modo molto significativo. Le banche devono quindi sviluppare e offrire rapidamente prodotti che reindirizzino effettivamente il capitale verso un’economia rispettosa del clima. La stagione delle assemblee generali del 2024 è ora aperta. Questa è un’opportunità per gli asset manager di cambiare il loro comportamento di voto e il loro impegno.
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Ambiente e logica di profitto a breve termine: Greenpeace accuse banche e assicurazioni
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