Di seguito l’editoriale a cura della Dott.ssa Valeria Celentano
Gli anni passano ma a non passare sono le violenze, gli abusi, le offese, le discriminazioni che ogni donna ancora oggi deve subire.
Oggi è il 25 novembre, data riconosciuta come giorno contro la violenza sulle donne, eppure, per quanto mi riguarda, non basta che il tutto venga racchiuso in quattro parole.
Un anniversario che ricorda l’orrore, la sofferenza, l’angoscia; la paura del futuro, la paura del passato, la paura non solo di morire ma anche di vivere.
Il concetto di violenza è un concetto molto complesso poiché non si limita alla forma più nota e comune che tutti conoscono ma si tramuta anche in condizioni spesso invisibili, perché non si ha la sensibilità di guardare, l’intelligenza di ascoltare, il coraggio di rischiare.
Non amo la frase che spesso sento dire: “stiamo nel 2023 e ancora succedono queste cose”, come se l’anno fosse un elemento determinante per non far accadere più gli orrori. Che stiamo nel 2023 o nel 2067 o nel 1900, non ha importanza perché ciò che è oggetto di discussione non è l’anno dove avviene la discussione, appunto, ma chi vi partecipa e cioè, noi!
Non è l’anno ad indicarci che ci stiamo evolvendo e maturando, siamo noi stessi che dobbiamo capire i concetti; siamo noi stessi che dobbiamo comprendere i discorsi che tanto articoliamo.
La verità è una, e di questo ne sono fortemente convinta: viviamo nella retorica.
Amiamo fare discorsi con applausi assicurati perché l’obiettivo è l’acclamazione del pubblico.
La violenza sulle donne è così sottile, subdolo, invasivo che chi ne rimane incastrata, soprattutto le donne più sensibili e fragili, fanno fatica a staccarsi prima dell’inevitabile epilogo.
Ne sono la prova le due Giulia, che in periodi differenti hanno interessato la cronaca italiana per femminicidio. La prima, una giovane donna in attesa del suo primo figlio da un uomo che pensava di amare ma dal quale voleva anche fuggire.
La seconda, una giovane ragazza che inizialmente per gentilezza e altruismo e in seguito per impossibilità di staccarsi definitamente non ha mai abbandonato il suo ex fidanzato.
Ma queste sono solo le più discusse nell’ultimo periodo e le più note al pubblico, ma di storie di violenza, omicidi ed ossessioni purtroppo c’è ne sono milioni.
Dunque la domanda che sorge spontanea è: cosa si deve fare per arrestare il sistema? Bella domanda. Usando la retorica, risponderei: ” beh semplice, dobbiamo educare i nostri figli a rispettare il prossimo, le donne. Non devono esserci più vittime di femminicidio. Deve esserci più ascolto e più interazione con le donne”.
In modo più realistico, dal mio punto di vista chiaramente, la risposta cambia: ” non è un fenomeno così semplice da arrestare perché ci sono molteplici fattori che lo influenzano. In primis, la cultura.
Diciamoci la verità per quanto vogliamo urlare al mondo l’emancipazione femminile, sappiamo che in realtà questa è avvenuta solo in minima parte o che al massimo interessa le donne con un carattere più deciso ed incisivo (dunque non prevale il sesso bensì le caratteristiche caratteriali dell’individuo).
In secondo luogo, non ha un’età, non dobbiamo sorprenderci se ai fatti di cronaca si parli di donne e uomini adulti o giovani ragazzi perché il discorso non è l’età ma la cultura.
Partendo da questo presupposto si aggiunge e collega condizioni e situazioni personali. Uomini di per sé narcisi, insicuri, violenti…che non accettano che la “propria”, in termini di proprietà, donna abbia una vita parallela, totalmente autonoma e per certi versi anche migliore.
Altro aspetto che influisce è la fragilità della donna presa in oggetto, che consciamente o inconsciamente prova ad empatizzare con l’altra persona, giustificando e minimizzando campanelli di allarme importanti.
Senza dimenticare che molto probabilmente, per quanto se ne possa parlare attraverso media, convegni e qualsiasi altra forma di comunicazione, non si è fatto ancora abbastanza per aiutare e supportare le donne che si trovano in queste situazioni. Dunque sì, dovrebbe esserci maggiore tempestività e attenzione da parte delle autorità competenti affinché queste si attivino non quando l’epilogo è ormai giunto bensì per impedire un finale ormai sempre più scontato.”
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