Mercoledì 11 settembre, nella suggestiva arena di Villa delle Ginestre, si è tenuta la XIII edizione del Premio nazionale letterario leopardiano. Il prestigioso riconoscimento quest’anno è andato a Roberto Vecchione, popolare cantautore, il cui ultimo album è intitolato proprio “L’Infinito” ed è stato pubblicato proprio a ridosso del duecentesimo anniversario dell’omonimo capolavoro di Giacomo Leopardi. Il riconoscimento viene assegnato ogni anno – a giudizio del Comitato Scientifico – a personalità che si sono distinte nell’analisi, nell’approfondimento, nella divulgazione del pensiero e dell’opera di Leopardi.
Non si tratta di un critico o di un filosofo, che ha discusso o interpretato aspetti del mondo di Leopardi. – ha spiegato in una nota ufficiale il Comitato Scientifico del Premio, presieduto dal Prof. Gaetano Manfredi, Rettore dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” – La Giuria ha inteso celebrare questa volta un disco e un grande cantante-compositore, uno dei maggiori protagonisti della musica italiana di questi anni. Proprio nella ricorrenza del secondo centenario della composizione dell’Infinito, il testo forse più famoso di Leopardi, non poteva esserci una scelta più giusta e necessaria. La scelta del titolo ha un valore simbolico speciale. Segnala l’irradiazione della lirica leopardiana e delle situazioni che l’hanno resa memorabile nel tessuto dell’esperienza quotidiana e contemporanea. Vecchioni sviluppa con i mezzi del suo linguaggio di artista – parole e musica – temi cruciali di Leopardi e ne fa letteralmente canto”.
Di seguito quanto dichiarato da Roberto Vecchioni: “Credo che sia il massimo premio che possa ricevere una persona che scrive cose che sembrano poesie. Leopardi è il più alto poeta italiano. Anche con una particolare poesia quale ‘La Ginestra’ è il colmo della sua attività. E’ la penultima che scrive ed è una poesia che gli ha ispirato Napoli, Torre del Greco. Perché tutta quest’aria, questa dolcezza e questo profumo che c’è intorno, ha calmato un poco la sua tremenda tristezza.
L’Infinito è la più grande lirica che sia mai stata scritta, perché in pochi versi racchiude tutti i destini umani: questo non sapere dove siamo, avere sempre ostacoli davanti – la siepe – immaginarsi cosa possa esserci al di là di questa siepe, immaginarsi il bene e il male, sapere dentro di se che al mondo tutto finisce, sapere benissimo che nei pensieri si naufraga, però nello stesso tempo farlo. Perché è dolce ‘il naufragare’. Non è triste il naufragare. Intendiamo che Leopardi non è poi tanto pessimista come lo immaginiamo. Se usa un aggettivo come dolce ha certo dolore dentro, ma sa che questo è il compito degli uomini. Il mio disco è stato un lavoro di uomini che hanno sfidato i destini: il Papa, Regeni, i combattenti contro l’Isis, i nostri ragazzi che combattano per difendere i Paesi poveri, ci sono gli immigrati, c’è Alex Zanardi e poi c’è Leopardi. Leopardi perché è la degna conclusione, nel senso che nessuno se lo immaginava mai che Leopardi potesse avere amore per la vita. E invece no. Perché Leopardi ne aveva e come di amore per la vita, ma non poteva manifestarlo, perché la vita lo odiava e tanto. Ci sono tantissimi giovani che amano Leopardi. Ci sono giovani e giovani, non farei di tutta l’erba un fascio. Ci sono quelli a cui non gli insegni mai nemmeno se preghi e ci sono quelli che invece vorrebbero capire di più. Capire che il mondo è una costruzione dolorosa. Leopardi non dà soluzioni, dà solo un’immagine realistica di quello che abbiamo davanti. Sta a noi trovarle le soluzioni. Nel mio lavoro dico che le soluzioni si trovano al di qua della siepe, non di là. Dentro di noi, nel cuore, nell’anima, nella passione. L’amore comprende tutti gli altri sentimenti: qualsiasi cosa è amore. Anche un tradimento è amore. Forse non comprende la violenza, ma anche il dolore, anche la sconfitta sono compresi nell’amore. L’amore è il motore immenso che comanda il mondo che lo fa girare, che lo fa vivere. Poi quando troviamo il nostro amore personale, siamo a posto. Non si vive mai da soli, si vive in due. Nella sua poesia ‘Il Tramonto della Luna’ immagina la luna come la sua giovinezza, che lui non ha mai avuto. La vede andar via tramontare: e tutto è plumbeo, grigio nella sua rappresentazione. E conoscendo Leopardi ci si aspetta che al tramonto della luna venga giù un nero spaventoso, profondo, tutto finito. Invece alla fine dice: ‘domani nascerà il sole’. Ed è la prima e ultima volta che usa la parola sole.
Nelle ultime edizioni, il premio “La Ginestra” è andato sempre a massimi studiosi come- tra gli altri – Gilberto Lonardi, Luigi Blasucci, Antonio Prete, Lucio Felici, Mario Martone, Fiorenza Ceragioli, Massimo Cacciari, Gilberto Leonardi.
Il nostro concittadino Giuseppe Mazzella ha omaggiato Roberto Vecchioni con un suo dipinto “In questo bozzetto vi è il riassunto, il succo di questa serata. L’amore scritto dal sommo poeta Giacomo Leopardi e l’amore scritto, musicato e cantato dal maestro Vecchioni. Il giallo delle ginestre che…”
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