MSabato 27 e domenica 28 aprile in scena al Teatro Sant’Anna la commedia di Luigi Pirandello ‘il Berretto a Sonagli’, con la regia di Liborio Preite.
L’opera in due atti è dello scrittore e autore teatrale Luigi Pirandello.Il titolo si riferisce al berretto portato dal buffone, il copricapo della vergogna ostentato davanti a tutti.
La commedia venne scritta nell’agosto 1916 in lingua siciliana con il titolo ‘A birritta cu’ i ciancianeddi’. E, in versione ridotta, fu messa in scena dalla compagnia di Musco a Roma, al Teatro Nazionale, il 27 giugno 1917.
I lavori per la rappresentazione dell’opera furono caratterizzati dalle continue tensioni tra Musco e Pirandello. I conflitti erano dovuti alle diverse aspettative: la commedia doveva, secondo Pirandello, concentrarsi sui paradossi del personaggio e dell’esistenza, mentre Musco voleva, da attore abituato a rappresentazioni brillanti, sottolinearne l’aspetto comico.
La versione abbreviata non s’incentra più su quello che è il personaggio principale della commedia in siciliano, cioè Beatrice, ma tende invece a mettere in risalto Ciampa, cioè il suo antagonista.
Comunque, nell’estate del 1918 Pirandello terminò la versione in italiano che fu rappresentata il 15 dicembre 1923 al teatro Morgana di Roma dalla compagnia di Gastone Monaldi. Gli effetti comici della versione in siciliano erano andati in buona parte perduti.
A Liborio Preite, regista ed interprete dello spettacolo, abbiamo chiesto perché un lavoro di Pirandello e perché proprio questa commedia:
“Avevo già in mente da diversi anni di realizzare questo lavoro ma, per un motivo o per l’altro, non l’avevo mai realizzato. Avevo già messo in scena due atti unici di Pirandello, Il Fiore in bocca e La Patente. Il Berretto a Sonagli dal punto di vista tematico, essendo stato scritto in siciliano, è molto vicino a noi meridionali. Lo stesso Eduardo ne ha fatto una versione in napoletano. E nel mio lavoro il personaggio di Spanò l’ho voluto così come ideato da Eduardo: infatti, è l’unico a recitare in napoletano.”
Qual è stata la tua interpretazione del testo?
“La chiave di lettura del mio lavoro è molto più ampia, più trasversale, perché accosto quella che è la ‘taranta’ al concetto della maschera di Pirandello. La maggior parte delle donne maltrattate, violentate, piene di forti complessi, mal voglia di vivere, male sociale, fingevano il morso della tarantola per esternare, per far uscire fuori tutte le forti emozioni represse e tirare via la maschera sociale del perbenismo che tutti noi siamo costretti ad indossare. Fondamentalmente il concetto è avvicinare la filosofia di Pirandello – che dice via la maschera e ritorniamo ad essere primordiali – con la taranta che è proprio un discorso primordiale nel vero senso della parola. Gira tutto intorno a questo. Le musiche sono di una taranta riletta da Ludovico Einaudi, un musicista piemontese che ha fatto una rivisitazione della taranta pugliese. Un lavoro veramente interessante.”
Nel tuo lavoro hai inserito la figura del Cristo a cui hai messo una maschera:
“E’ una forte provocazione, non rivolta a Dio, ma una forte critica alla Chiesa che mette tante maschere e pur di andare avanti, pur di dare l’apparenza, pur di sembrare anche ciò che non siamo, continuamente ci porta ad indossare una maschera. Ed essendo fortemente cattolico, alla fine tolgo la maschera a Dio, perché non si può mettere una maschera a Chi è al di sopra di tutto. Il Cristianesimo, fa sì che la maschera ce la teniamo bene attaccata al viso per la vita sociale, per il vivere, perché nella vita devi essere un commediante. E se non sei un commediante, se non rivesti un ruolo, vieni scartato, viene tirato fuori. Ognuno deve quindi avere la sua maschera del ruolo e il Cristianesimo ha dato fortemente questa connotazione. Si è passato da quello che erano i riti pagani a quelli del Cristianesimo. Un taglio quindi trasversale, un po’ diverso dalla solita messa in scena, perché o la dai così o è la solita pappardella trita e ritrita. Gli attori entrano tutti in scena con una maschera bianca, tranne Beatrice che tirando fuori i suoi istinti primordiali di madre natura – e il ragno è il richiamo di madre natura – è pronta a venire fuori ed essere se stessa e giocare fino alla fine. ‘Sei pazza’. E a un pazzo è permesso di far tutto.”
Oltre a Liborio Preite fanno parte del cast Titty Mauro, Yari Mirko Alfano, Ciro Di Franco, Mina Lambro, Mariarosaria Pugliese, Teresa Cirillo, Tanya Di Franco, Liliana Preite, Chiara Stella Di Franco. Alle tammorre Nunzio Abbruzzese e Gino Ciliberti. Coreografie di Veronica Accardo.
Si replica sabato 4 e domenica 5 maggio
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