Giovedì 09 Dicembre, nei locali del Circolo Nautico di Torre del Greco, Luigia Sorrentino ha presentato il suo ultimo lavoro, “Piazzale senza nome”.
L’evento è stato promosso e organizzato dall’Inner Wheel di Torre del Greco Comuni Vesuviani e patrocinato dall’Amministrazione comunale – Assessorato alla Cultura.
A Introdurre i lavori, la dottoressa Teresa Loffredo, mentre gli interventi critici sono stati di Fabrizio Fantoni e Anita Pesce. Al pianoforte il maestro Giuseppe Di Cristo.
Luigia Sorrentino è nata a Napoli ed è una giornalista professionista e lavora il Rai. Diverse le sue pubblicazioni di poesia: da ‘C’è un padre’ del 2003 ad ‘Olimpia’ del 2019 e “Piazzale senza nome” del 2021.
“E’ un libro composto di sezioni di poesia e di brevi prose. – le parole dell’autrice – Questo lavoro vuole rimarcare uno dei frammenti di Plutarco, quello che viene più studiato e riferito ai giovani. A quei giovani che si trovano in situazioni di pericolo, di dipendenze. La frase di Plutarco ‘la morte dei vecchi è come un approdare al porto, ma la morte dei giovani è una perdita, un naufragio’, ed è su questa massima che è nata la mia riflessione. Sullo sfondo del libro vi è un morire continuo, una morte perenne. Un uomo che muore e che si presume sia una persona anziana che ha avuto una vita normale fino a giungere alla morte. Nel frattempo si sovrappongono come morti parallele le vite di questi giovani che si sono spezzate, in un paese che in realtà è Torre del Greco che negli anni 70-80 del secolo scorso veniva chiamata la piccola Amsterdam, essendo la prima città italiana nella distribuzione della droga. Ho conosciuto molti di questi ragazzi che si sono perduti sia nelle droghe sia in altri aspetti della dipendenza, quali alcool, gioco e corse clandestine: tutte vite spezzate. Il libro entra in una storia che si ripete, in un presente che si ripete, un infinito presente che è poi la caratteristica della mia poesia dove sempre qualcosa è già avvenuto, ma che si ripresenta. E’ come se fosse un tempo circolare che ritorna. E’ una poesia del limite, una poesia della fragilità. Una poesia dove ci sono le storie di tutti quelli che hanno un problema, un disagio. E quel piazzale senza nome è un punto di Torre, dove si incrociano i destini di tanti ragazzi che vivono un’emarginazione, perché sono poverissimi. All’epoca l’eroina costava moltissimo. Oggi costa quattro euro ed è tutto molto cambiato rispetto ad all’ora. E nel libro si sente questa necessità di doversi liberare da una dipendenza. E non c’è un giudizio morale. Anche nella ragazza che subisce il femminicidio, non c’è un giudizio morale. Lei è coinvolta in questa storia di violenza da adolescente e non riesce a liberarsene se non quasi morendo. I libri di poesia non hanno tempo, hanno una dimensione allargata del tempo, dove questo si allarga e si protende verso nuove verità, che è proprio quello che cerca il poeta: la verità della parola, la verità della violenza. In questo momento siamo nel pieno della violenza. Questo libro in realtà rimarca prima qualcosa che sarebbe accaduto dopo.”
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