In occasione della convegno “Prova a scappare amore mio”, svoltosi al tribunale di Torre Annunziata, abbiamo avuto il piacere di intervistare l’Avvocato Anna Brancaccio, dell’associazione culturale IN-OLTRE , che ha promosso l’evento e che da anni opera sul territorio a difesa dei cittadini.
-Da dove è nata l’idea di organizzare questo dibattito?
L’idea è nata da una chiacchierata con un collega, la quale aveva un’amica reduce da un’aggressione da parte di un molestatore. Conoscendo la mia indole e il mio impegno sociale, mi ha proposto la creazione di un evento che potesse informare e sensibilizzare la città su un reato particolare come quello dello stalking. Un piccolo confronto con il giudice De Angelis e gli altri legali del foro, che si sono dimostrati da subito disponibili, ed ecco che il mio progetto ha preso forma.
-Può ribadirmi, alla luce delle diverse definizioni date nel corso della discussione, quali sono le caratteristiche che identificano uno stalker?
A mio parere, il molestatore assillato è comunque una persona che ha amato ma che presenta patologie gravi. Un individuo che non riesce a staccarsi e a capire che quel l’amore purtroppo è finito.
-Esistono strutture a cui la vittima può rivolgersi e in cui può entrare a far parte di gruppi di sostegno per superare il trauma ?
Assolutamente no. Nel nostro territorio, ad esempio, nessun commissariato ha un agente donna che recepisce la denuncia e che possa tranquillizzare la persona perseguitata. Nonostante la presenza di diverse associazioni spesso quest’ultime non sono in grado di affrontare totalmente il problema.
-Come ci si sta muovendo per colmare le lacune normative e le carenze strutturali ?
Il tribunale di Torre Annunziata ha firmato un protocollo d’intesa con le diverse associazioni e forze dell’ordine. Ma purtroppo tutto è fermo. In numerose occasioni ho denunciato l’incapacità di trasformare le innumerevoli idee in azioni concrete che possano debellare tale fenomeno. Grazie al mio lavoro di avvocato cerco in ogni momento di portale alla luce il problema dello stalking e di convincere i cittadini diffidenti a credere ancora nella giustizia.
-Abbiamo ascoltato i pareri di diversi esponenti delle forze dell’ordine, magistratura e associazioni. Su quale di questi organi ricade la maggiore responsabilità ?
Non c’è una responsabilità generalizzata. Possiamo trovare giudici e commissari che non si fermano dinanzi alla semplice denuncia e prendono a cuore il caso e altri invece che trascurano qualsiasi dettaglio e si limitano ad un’analisi superficiale.
Non possiamo colpevolizzare un’istituzione. Ma è l’essere umano che deve cambiare in ogni sua forma.
-In futuro ci saranno altre iniziative, come queste, volte a diffondere la cultura del rispetto e della libertà individuale?
Certamente. Ci stiamo preparando per la presentazione di diversi libri. Un pretesto questo con il quale far partire interessanti dibattiti all’interno del nostro tribunale. In ogni nostro evento utilizziamo un’opera d’arte proprio per la complessità di ciò che affrontiamo. Il diritto è arte, l’arte è cultura, la cultura fa parte dell’uomo.
Francesco Di Martino
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