
Come è cambiato l’approccio allo studio e come questo è percepito nel mondo di oggi. Ebbene, che la percezione nel corso degli anni sia cambiata è un fattore oggettivo ma non necessariamente positivo.
Negli anni ’40/’50 la predisposizione allo studio era molto bassa; le elementari per molti era l’unica scuola accessibile dove non sempre si riusciva a terminare l’intero percorso. L’ingresso alle medie invece non era per tutti, solo per élite o per coloro che desideravano continuare il percorso di studi per inserirsi nel mondo del lavoro con un ruolo significativo dal punto di vista economico e personale.
Nel corso degli anni qualcosa è cambiato, in particolare con la riforma della scuola media nel 1962, che prevedeva che gli anni obbligatori di studio da 5 si passassero ad 8 anni, ha determinato un passaggio sociale che ha segnato il mondo scolastico. La riforma nacque per migliorare la cultura del paese italiano; un paese contraddistinto da forti percentuali di analfabetismo, mirando ad una cultura superiore; purtroppo però non fu proprio così. L’aumento degli alunni, molti dei quali parlavano solo il dialetto, portò molti professori ad andare contro la riforma stessa modificando il loro approccio all’insegnamento diventando meno esigenti. Motivo ? Lo stipendio rimaneva lo stesso ma lo sforzo aumentava. Da qui una vera evoluzione è avvenuta nel mondo universitario e scolastico. Iniziano a frequentare le scuole sempre più cittadini, giungendo anche alle superiori conseguendo il diploma. L’università rimane inizialmente per le élite ( soprattutto i maschi), ma anche questa era destinata a cambiare. E’ avvenuto che, la quantità di studenti universitari aumentava ma andava a scapito della qualità.
Non a caso oggi l’università per molti è uno sbocco naturale dopo aver terminato l’ultimo anno di liceo; istituto tecnico … inserendosi non tanto per il desiderio di farlo, di apprendere e di migliorarsi culturalmente e personalmente, ma per il semplice motivo che tutti lo fanno. Ciò comporta un inevitabile abbassamento della cultura, un aumento di laureati o comunque di iscritti che potranno o meno conseguire il titolo finale. Di certo non tutta l’erba è un fascio, sono tanti i giovani capaci, vogliosi, intelligenti, astuti che conseguono il titolo finale con merito, ma è anche vero che per dare voce ad anni di studio e sacrificio l’unica soluzione è l’emigrazione all’estero oppure un inserimento da parte di qualcuno in un settore che potrebbe favorirli.
Non a caso un diploma degli anni 70 equivale – a parità di conoscenze- ad una laurea di oggi. La cultura si è spostata più in alto e il conseguire un diploma oggi non garantisce un sistemazione lavorativa perché le conoscenze non sono più sufficienti, determinando anni di studio maggiore, sforzi maggiori con la speranza di conseguire un qualcosa per cui si è sacrificato.
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