Dal prossimo 16 settembre prenderà inizio la ventiduesima edizione di Ethnos, Festival Internazionale di Musica Etnica. Fino al primo di ottobre ben otto gli eventi in programma. Ne parliamo con Gigi Di Luca, direttore artistico della kermesse.
Ciao Gigi raccontaci di questa tua nuova avventura.
Ethnos nasce nel 1995 ed è conosciuto ed apprezzato sia dalla popolazione vesuviana che campana e sullo scenario internazionale è considerato come uno dei festival più importanti, che nel corso degli anni si è specializzato con sempre più attenzione ai percorsi legati alle culture etniche. Un attento lavoro è stato svolto: un lavoro di selezione e di ricerca di artisti non necessariamente legati alla sola musica, ma anche alle sfumature che ogni artista può raccontare. Sfumature legate alla propria terra, alla cultura della propria identità, attraverso un’espressione artistica non solo musicale ma anche di danza, di teatro, di pittura. Varie forme d’arte che possano raccontare quelle culture molto distanti da noi.
Dove si svolgeranno questi spettacoli?
Il festival che si terrà dal 16 settembre fino al primo di ottobre vede come comune capofila San Giorgio a Cremano – organizzatore dell’evento ormai da molti anni – in partenariato con altri comuni. La maggior parte degli spettacoli si svolgeranno quindi a San Giorgio; poi si andrà a Somma Vesuviana, a Casandrino, a Bacoli, a Napoli, a Massa Lubrense. Con riferimento alla dislocazione geografica lo definirei quasi il Festival del Golfo di Napoli, più che dell’aria vesuviana. Direi che dentro questo circuito culturale ed artistico in qualche maniera abbiamo inserito le varie bellezze paesaggistiche, storiche ed architettoniche di questi paesi che, seppur lontani tra loro, hanno un legame forte. Molti affacciano sul mare altri no, ma tutti hanno in comune un forte legame: tanti affacciano sul mare, producono vini, hanno resti romani, scavi archeologici.
Come avviene la scelta degli artisti?
Mi sposto frequentemente per incontrare colleghi, discutere, selezionare i gruppi. L’anno scorso sono stato sia in Marocco che in Francia. A fine ottobre andrò in Polonia, un incontro mondiale di musica etnica.
Quali le difficoltà nell’organizzare un evento come il tuo Festival?
Il progetto è co-finanziato dalla regione Campania e dal piano Pon 2014/2020, rientra tra gli eventi internazionali della regione Campania e sono orgoglioso che ancora esiste dopo 22 anni pur tra le tante difficoltà di progettazione culturale che abbiamo nella nostra regione, nel nostro meridione. Spesso mi confronto con i miei colleghi direttori artistici esteri, ai quali risulta incomprensibile che ancora a pochi mesi prima dell’inizio di una manifestazione ancora non sappiamo se possiamo fare un festival. In Italia siamo un passo indietro. Abbiamo una possibilità infinita di organizzare festival in luoghi magici. Ma certamente non abbiamo una garanzia di finanziamento anticipato che ci permetta di progettare.
Un bilancio di questi ventidue anni di Ethnos?
Grazie al lavoro di una squadra che lavora dietro le quinte che ha passione e amore per questo festival, c’è un seguito di pubblico che ci aspetta. E quest’anno la manifestazione rinnova la sua tradizione guardando a culture lontane da noi e soprattutto a cose anche poco conosciute. Ed è quello che ci viene chiesto da gran parte del nostro pubblico: il fatto di essere riusciti attraverso il mio lavoro a scoprire artisti e culture nuove, a conoscere possibilità di emozionarsi davanti a musiche di cui nemmeno ne sapeva l’esistenza. Questo è il più bel risultato. Ventidue anni di festival sono tanti. E’ un festival che ha fatto crescere anche una coscienza e una conoscenza verso altri mondi e non solo musicalmente. Ma anche nei luoghi, nella conoscenza dei nostri territori: Ethnos è sempre alla ricerca di possibili soluzioni per proporre location abitualmente non adibite a spettacoli. Negli anni abbiamo inaugurato, attraverso i nostri eventi, il parco dei Quartieri Spagnoli (ex ospedale militare), si è riaperta la chiesa di San Giovanni Maggiore a Pignatelli a Napoli dopo quarant’anni di chiusura, il chiostro di San Domenico Maggiore. Abbiamo bellezze uniche: territori, che meritano attenzione, monumenti che chiedono di essere illuminati. Questo Festival sin da quando è nato sul Miglio d’Oro ha voluto dare onore a questi luoghi, a questi spazi, a queste bellezze, portando gli eventi nei cortili, negli scavi archeologici, nelle chiese.
Quali saranno gli ospiti della rassegna?
Il programma di quest’anno prevede sette concerti, uno spettacolo di danza, due stage, un convegno, il premio Ethnos, con vari itinerari e visite guidate. Abbiamo la partecipazione di artisti che vengono da nove nazioni diverse e che rappresentano la massima espressione culturale di quei Paesi. Una selezione attenta con uno spazio maggiore anche alle figure femminili soprattutto in quei territori dove non esiste emancipazione femminile, dove la sottocultura la fa da padrone. Quindi portare maggiormente alla luce la donna che è un’artista che canta che rappresenta la propria cultura non ci dispiace. Tra queste sicuramente emerge Oumou Sangarèche è la più importante cantante del Mali e che quest’anno riceverà il premio Award Womex che è la più importante fiera di musica etnica; poi avremo Lura, cantante portoghese di origine capoverdiana, poi ancora Alsarah & The Nubatones dal Sudan. Completano la rassegna: Lo Cor de la Plana, gruppo marsigliese; Zyia Azazi, turco, e Fernando Anuang’a, keniota, con uno spettacolo di danza; Bandadriatica, gruppo pugliese; i Terrakota, gruppo portoghese; Chassol, pianista e compositore dalla Martinica.
L’anno scorso il Premio Ethnos è stato assegnato a Beppe Barra. A chi andrà quest’anno?
Il Premio Ethnos è stato costituito lo scorso anno ed è stato premiato Beppe Barra per una motivazione ben precisa: è stato il primo artista che ha aperto il nostro Festival nel 1995 ed essendo ancora in carriera dopo ventun anni volevamo dargli un premio alla carriera. Quest’anno invece abbiamo scelto Tahar Ben Jelloun, scrittore e giornalista franco-marocchino, noto soprattutto per i suoi scritti sul razzismo e sull’immigrazione. Interviene con dibattiti e articoli sui problemi della società, soprattutto sul problema della periferia urbana e del razzismo. Nel 2004 ha ricevuto il Premio Letterario Internazionale Giuseppe Tomasi di Lampedusa per Amori stregati. Con il libro “Il razzismo spiegato a mia figlia” e per il suo profondo messaggio gli è stato conferito dal segretario delle Nazioni Unite il Global Tolerance Award e nel 2006 ha vinto il Premio Internazionale Trieste Poesia.
Nel ricordare che tutti gli spettacoli, i convegni, le visite guidate e gli stage sono ad ingresso gratuito, riportiamo il link dove trovare tutte le date degli eventi e dove sarà possibile prenotarsi per la partecipazione agli eventi: www.festivalethnos.it
Pasquale D’Orsi
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