Riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera di Pasquale Incarnato, responsabile Lavoro GD Napoli.
“Tendo come sempre all’anticonformismo, corro controtendenza – sperando non sia un problema -, ecco perché nel seguente non toccherò i temi caldi del momento che investono il paese, come per esempio il Referendum, ma proverò a discutere di altro, di quello che mi sta ancora cuore, a me povero romantico inguaribile: la politica vera. Con un pizzico di nostalgia, sostengo e credo nella politica in piazza, nell’aggregare e tornare ad emozionare. Ed è da qui che abbiamo bisogno di ripartire, senza titubanze e passi indietro, non abbiamo alternative. Spiace dirlo, ci siamo ficcati, con o senza colpe, in un cul de sac, è l’unica via d’uscita è quella per cui centinaia di giovani, di compagni e di militanti hanno iniziato la loro missione – perché la nostra lo è -, quella di fare politica, sic et simpliciter, e tornare ad occupare quello spazio, ormai quasi brullo, che intercorre tra i governanti ed i governati in cui crediamo ancora, per cui combattiamo ogni giorno sui territori con i pochi strumenti rimasti. Ma quel di cui ci sentiamo davvero titolari è l’unica arma che ci resta, la forza delle idee, insieme alla disarmante veemenza di renderle realtà. Quando, invece, gli intenti sono diversi; si vuole apparire più che fare; la brama di quel potere che non arriverà mai – ve lo assicuro – è così tanta, ad entrare a gamba tesa è la degenerazione di tutto quanto di bello la politica offre. Ed allora possiamo dirci falliti. Senza che nessuno obietti.
Premesso questo (sì, ne avrò per un po’, infatti ai più pigri consiglio, in alternativa, di leggere “Novella2000”), penso che fare politica è anche creare momenti di discussione veri ed efficaci, quelli che oggi latitano. Sono sostituiti da ben altro, ahinoi. Ecco perché siamo tutti, o quasi, orgogliosi della imminente Festa de l’Unità, promossa dai Giovani Democratici di Napoli, che terremo dal 21 al 25 settembre presso i Giardini di Santa Chiara. Uno spazio di aggregazione di altri tempi. Infatti penso che dovremmo sentirci onorati del poter prendere parte all’organizzazione di una Festa così preziosa. Per chi non lo ricordasse, e qui inizio con la pippa filosofeggiante – spero possiate perdonarmi – questa nasce appena dopo la Seconda Guerra Mondiale, in Lombardia, con ospiti ed ideatori del calibro di Longo ed Amendola, per esempio. Nasce come metodo di finanziamento dell’organo di stampa del Pci, per l’appunto “l’Unità”, su impronta della festa francese alla quale gli esuli comunisti di guerra presero parte l’anno prima a Parigi (Festa de l’Humanitè). Insomma abbiamo ridato vita, dopo innumerevoli anni, ad un momento di discussione che restituisce i valori intorno alla quale è nata la nostra comunità democratica, gli stessi che oggi, ob torto collo, sopravvivono o, direi, resistono. Solo per questo dovremmo impegnarci con tutte le nostre forze affinché questa riesca nel migliore dei modi, affinché diventi un luogo di aggregazione per i giovani, e per i tanti cittadini ed elettori che si sono o si stanno allontanando da quel simboletto (PD – ndr) per cui ci sacrifichiamo e lottiamo, ancora. Levando tempo al lavoro, allo studio, alla famiglia e a tanto altro. Abbiamo – con umiltà – le idee e la forza di poter riportare al centro del dibattito la sinistra, quella vera, quella che oggi pare la si voglia mettere all’angolo. Solo ritornando ad emozionare e, perché no, emozionarci, potremo dirci soddisfatti. Per cui chiedo e ritengo che uno sforzo da parte di tutti noi sia necessario quanto utile e, certo della riuscita di questa, direi che è da qui che possiamo ripartire, senza dubbio. Fissiamoci un obiettivo, guardiamolo, raggiungiamolo ed insieme saremo in grado di costruire un nuovo gruppo dirigente, che voglia intestarsi una difficile battaglia politica e sappia essere anima e cuore in grado di rappresentare i nostri coetanei che si vedono smarriti ed ormai votano – quando lo fanno – altro. I muri da scalare sono tanti e alti e la strada tortuosa. Il contesto socio-economico non è dei più felici, tantissimi giovani si trovano dinanzi l’incertezza e la precarietà offerta, su un piatto d’argento, da chi, invece, pensa di aver trovato soluzioni salvifiche. Ma i numeri dicono altro. Come preventivato da noi gufi professionisti – ci ho provato a non uscire fuori tema ma penso di aver fallito.
Il nostro è un compito arduo, ne sono consapevole, ma sono sicuro che, a partire dai valori della sinistra, dalla vicinanza alle fasce deboli e all’attenzione reale dei bisogni della nostra gente, riusciremo nell’impresa. Questo, però, senza tralasciare la tradizione lasciataci in eredità. Penso sia chiaro a pochi che lì fuori c’è un mondo che ci aspetta, delle realtà straordinarie di donne e uomini che vorrebbero dedicare le loro giornate alla costruzione di un mondo migliore, che non aspettano che noi, nonostante tutto. Ecco, è aprire le porte a tutto ciò la mia ambizione, la nostra ambizione, ed uniti riusciremo nell’intento. Le beghe è opportuno lasciarle altrove. Ma, invece, se continueremo a badare alle mere spartizioni di ruoli di potere (eufemismo); alle consuete scorribande che, invece, siamo bravi a condannare come il peggior male di cui si macchiano i maggiorenti del Partito; se ci ridurremo ad un esercito di generali senza soldati che mangiano pane e “”Cencelli” posso ben affermare, ad alta voce, che possiamo chiudere baracca e tornare a casa. Se permettete, il “Vanitas Vanitatum, et omnia vanitas” io lascio ad altri. Mi interessa altro.
Vi lascio con due righe, direi esplicative, di un vecchio compagno: “Le sezioni comuniste nei rioni delle città e dei paesi debbono diventare dei centri della vita popolare, dei centri ove debbono andare tutti i compagni, i simpatizzanti e quelli senza partito, sapendo di trovarvi un partito e un’organizzazione che s’interessano dei loro problemi e che forniranno loro una guida, sapendo di trovarvi qualcuno che li può dirigere, li può consigliare e può dar loro la possibilità di divertirsi se questo è necessario.”
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