
“Eravamo quattro amici al Bar”
Era il 1991 quando Gino Paoli cantava queste parole in uno dei suoi innumerevoli successi musicali.
Volendo parafrasare questo ritornello, nel calcio italiano dei giorni nostri gli ipotetici quattro compagni invece che incontrarsi ai tavolini di un bar si ritrovano davanti ai monitor del VAR, piuttosto che sorseggiare un buon caffè preferiscono dedicarsi all’interpretazione e alla revisione di presunti contatti e trattenute avvenute in area di rigore. Come cambiano i tempi.
Eppure il VAR (Video Assistant Refree), introdotto nella nostra Serie A da ormai quattro stagioni, è stato inventato non per intrattenere i tifosi e creare polemiche ma per placare queste ultime e permettere agli arbitri di rimediare ai chiari ed evidenti errori (così vengono definiti nel protocollo che regola l’applicazione di questo strumento) commessi in campo in specifiche situazioni di gioco: gol segnato, assegnazione di un calcio di rigore, espulsione diretta e scambio d’identità, nessuna di queste cose sfugge agli occhi degli addetti all’utilizzo di questa strumentazione che ha letteralmente rivoluzionato il gioco del pallone, fermo restando che la decisione finale spetta sempre e comunque all’arbitro in campo.
L’applicazione del VAR, come accennato, è regolamentata da un protocollo abbastanza preciso (non staremo qui a discutere sul fatto che sia giusto o sbagliato/da rivedere) approvato da IFAB e FIFA, pertanto tutti gli arbitri sanno bene cosa si può rivedere e cosa invece deve essere lasciato così com’è o, al limite, confermato con il famoso silent check.
Nell’ultimo weekend di Serie A, il trentasettesimo per la precisione, così come avvenuto troppo spesso ultimamente, a fare notizia e a scatenare i tifosi sui social network sono state di più le on-field review del VAR che i risultati finali delle partite o le annesse prestazioni dei ventidue calciatori in campo.
In particolare a questo giro, le “corse al video” che più hanno infiammato i fan sono state quelle fatte da Calvarese (con quest’ultimo che doveva anche effettuarne una terza, stavolta giustamente, per il rigore fischiato per il presunto fallo di Perisic su Cuadrado) in Juventus-Inter e quella di Abisso in Fiorentina-Napoli.
Diciamolo subito: queste tre on-field review non dovevano essere effettuate e pertanto i tre rigori assegnati non dovevano essere decretati.
Nessun rigore quindi per le cadute di Chiellini e Lautaro Martinez, nessun penalty per la trattenuta di Milenkovic su Rrahmani.
E volete sapere perché? Il motivo è presto spiegato.
Queste tre massime punizioni sono state concesse solamente dopo che il direttore di gara è stato richiamato a bordo campo per rivedere, nel dettaglio e più volte, cosa era successo: Darmian che poggia un braccio sul petto di Chiellini, De Ligt che da un pestone a Lautaro, Milenkovic che tira la maglia di Rrahmani che si allunga visibilmente. Tutto giusto direte voi, l’arbitro non ha visto queste cose e il VAR gliele ha mostrate.
Il punto è proprio questo: tutti e tre gli episodi non possono essere valutati al VAR in quanto la decisione in merito a questi spetta all’arbitro in campo che deve giudicarli in presa diretta e decidere se sono passibili di punizione oppure no. Punto. Una volta che l’arbitro ha visto e deciso il caso è chiuso. Il VAR non deve intervenire ne tanto meno richiamare il direttore di gara al video.
Non si può infatti giudicare l’intensità di una spinta, la volontarietà di un pestone o la gravità di una trattenuta solamente guardando un monitor, non ci sono gli elementi sufficienti per farlo e si rischia solamente di combinare la frittata prendendo una decisione sbagliata. Ecco perché queste cose, salvo rarissimi casi del tutto eccezionali, non vengono e non devono mai essere riviste al VAR, con la conseguenza che questo tipo di rigore non deve essere (giustamente) mai assegnato.
Sono decisioni che deve prendere l’arbitro in campo, giuste o sbagliate che siano.
Possiamo poi stare a discutere per ore se il contatto ci sia stato oppure no o se la trattenuta fosse effettivamente punibile in quanto netta ma non al VAR, bensì nel post-partita facendo la moviola al bar davanti al sopracitato caffè.
Pensateci un attimo: se si dovesse andare al VAR per ogni spinta o trattenuta che avviene su palla laterale/calcio piazzato negli ultimi sedici metri, quanti rigori a partita dovrebbero essere assegnati?
Uno strumento introdotto per placare le polemiche e confermare (visto che in Italia sembra che ci sia ancora la necessità di doverlo fare) la trasparenza e la regolarità delle partite, sta facendo gridare al complotto/scandalo/furto in quanto lo si sta utilizzando nel modo sbagliato. Che paradosso.
Per “fortuna” che la stessa scorretta applicazione del VAR, la si è avuta anche nella gara giocata dal Napoli oltre che in quella della Juventus sennò altro che complotto, si sarebbe finiti in tribunale come Mastella con Mazzoleni: anche nel caso di Benevento-Cagliari c’è stata semplicemente una applicazione sbagliata del VAR e del suo protocollo, altro che malafede, coscienza sporca e razzismo nei confronti del sud da parte fischietto di Bergamo.
Nelle ultime settimane si sta facendo troppa confusione e si sta applicando male il VAR, pertanto l’augurio è che nella nuova stagione tutto venga azzerato, venga spiegato meglio agli addetti (e forse sarebbe utile spiegarlo anche ai tifosi e a tanti giornalisti) come e quando va utilizzato questo strumento, e che casi come quelli delle ultime uscite vengano una volta per tutte eliminati applicando a dovere, ed in maniera uniforme, il protocollo previsto.
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