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Caro Giancarlo,
Ti scrivo con il cuore gonfio di tristezza e avrei voluto tanto che questa lettera non fosse destinata a te. Sette giorni fa avresti festeggiato il tuo 57^ compleanno, lo avresti fatto probabilmente con i tuoi figli e qualche nipotino. Immagini quanto sarebbe stato bello aprire la torta nella nuova redazione del Mattino, circondato dagli amici di sempre, pronti a postare di tutto sui social network ? Purtroppo non è stato così. Trentun anni fa qualcuno aveva deciso di porre fine alla tua vita, di stroncare il tuo desiderio di vedere la tua terra, la mia terra , libera da questo cancro chiamato camorra. “Ucciso per amore della verità” intitolavano alcuni quotidiani dell’epoca. Avevi solo ventisei anni e ti sei beccato 10 pallottole. Dieci come gli anni che sono serviti allo stato italiano per trovare il mandante dell’assassinio quando in realtà a volere la tua morte non era una persona ma il sistema intero. Tu questo però lo sapevi già, lo avevi intuito e pubblicato nei tuoi ultimi articoli. Ti hanno lasciato solo. Solo come un cane che sa che la sua fine è vicina ma continua a camminare con la testa alta e con la coda che scodinzola come sempre. Tranquillo, hanno fatto lo stesso poi con Falcone, Borsellino e tutti quei poveri disgraziati che volevano ripulire questa nazione semplicemente lavorando con onestà e professionalità. Sai Giancà, a volte penso che il tuo sacrificio sia stato inutile, che sia servito solo a dimostrare quanto noi italiani siamo ipocriti dinanzi a simili tragedie, subito pronti ad intitolare vie e piazze per poi continuare a sguazzare nelle nostre vite mediocri. Perché hai continuato sapendo di andare incontro a quella fine, di essere il martire di un paese che nonostante tutto continua a preferire il compromesso alla verità e la corruzione alla trasparenza ? Ti sei fatto ammazzare per un popolo che nella camorra vede l’unica soluzione per andare avanti, un qualcosa di naturale che esisterà sempre e comunque. Il vero problema Giancà è che ci siamo abituati a tutto questo schifo. Ci sembra normale che ogni settimana ci sia una sparatoria in pieno centro, ci sembra logico pagare il parcheggiatore abusivo di turno, non ci meravigliamo nemmeno se nel 2016 esistono ancora commercianti che pagano il pizzo e quelli che rifiutano questa schiavitù sono costretti a chiudere. Restiamo immobili persino davanti alle nostre terre, tanto amate dai nostri nonni e che ora invece bruciano giorno e notte con roghi tossici che si levano fin sopra il Vesuvio annebbiando i nostri occhi e la nostra anima. Ci sono momenti in cui vorresti esplodere, attimi in cui non riesci più a sopportare che la tua città muoia ogni giorno a causa della sua stessa gente. Allora le soluzioni sono due: o scappi via come fanno tutti o resti e cerchi con tutte le tue forze di cancellare questo schifo. Sappiamo tutti quale di queste soluzioni hai preferito. È per questa ragione che ti ammiro così tanto, per la tua testardaggine e l’amore che hai dimostrato nei confronti di un Paese che per te non ha fatto nulla. Sono infuriato ogni volta che ci penso perché forse, se avessi vissuto in un altro stato, se quella guerra che hai iniziato fosse stata combattuta da più persone e non solo tu con una macchina da scrivere, probabilmente oggi saresti ancora vivo.
Un tuo ammiratore, un ragazzo che crede ancora in questa nazione. Un illuso come tutti quelli che ogni giorno frequentano le diverse associazioni nate sul territorio per far si che la tua morte e quella di tanti altri non sia stata completamente vana. Un giovane come tanti che crede nonostante tutto negli ideali di pace, giustizia e verità, la stessa che cercavi tu Giancà !
Francesco Di Martino
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