Uno dei fenomeni sempre più marcati in quest’epoca è sicuramente il femminicidio. Sono anni che i giornali, le televisioni, i mezzi di comunicazione evidenziano uno dei sintomi più persistenti all’interno della nostra società; eppure, nonostante questo non sembra arrestarsi. Sensibilizzare, è questo l’obiettivo, ma tutto sembra andare verso un’unica via. Un fenomeno questo che fa riflettere; che fa capire la natura umana e la sua cultura.
Azzardo, forse, affermando che sembra essere un fenomeno sociale legato oltre ad un problema psichico anche ad un problema culturale. La donna negli anni si è emancipata sempre di più; più sicura di ciò che è e delle qualità che ha. Non necessariamente soggetta ad un uomo che condiziona il suo modo di vivere, privandole ed impedendole cose. E’ chiaro che in questo un evoluzione si è presentata. Basti ricordare i tempi addietro -analizzando anche il tipo di contesto di riferimento- dove la donna era soggetta esclusivamente all’uomo, era difatti quest’ultimo ad avere il pieno controllo di ella e della famiglia. Non vi era la libertà di poter criticare una scelta del proprio uomo, non vi era libertà di prendere una decisione. Con gli anni questa concezione- fortunatamente- è calata, portando la donna ad esser più libera delle proprie scelte, sia familiari che personali. Forse è anche questo che ha inciso sull’evoluzione di un fenomeno così esteso. La consapevolezza di non aver il pieno controllo come poteva accadere in passato e la stessa consapevolezza che innesca qualcosa di tragico, di assurdo. Mariti che uccidono le proprie moglie; fidanzati che uccidono le proprie fidanzate, storie che segnano l’opinione pubblica e l’intera società. Quando ciò avviene nel contesto famigliare crea delle conseguenze inarrestabili. Figli che perdono la propria madre per colpa del padre, rimanendo orfani di entrambi i genitori; costretti ad andar avanti affianco ai nonni che, con amore e cura, si dedicano ai propri nipoti cercando anche loro di andar avanti nonostante abbiamo perso una figlia o un figlio ( colpevole). Una violenza che per essere tale non deve tramutarsi per forza con la morte; la violenza è anche una qualsiasi concezione negativa verso la donna. L’essere importunate, l’essere considerate un oggetto.
Aggiungo, sottolineando che questo fenomeno non è nato oggi ma presente già nel passato. Oggi però se ne parla di più, l’attenzione è più forte perché son più forti e crude le storie che stiamo ad ascoltare, ad osservare. Sopravvissute hanno raccontato con fermezza e freddezza ciò che hanno subito, ciò che hanno affrontato, evidenziando un male che ha un solo colore: il rosso, rosso come lo è il sangue.
L’obiettivo è contrastare questa concezione, abbattere il muro dell’ignoranza. Sottolineare che la donna è un essere umano e come tale ha il diritto di potersi esprimere come meglio ella crede, senza frizioni, obbligazioni da parte di un concetto culturale estremamente sbagliato.
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