“Il Tribunale di Napoli ha respinto l’istanza di riesame, proposta da Giaccone Fabrizio avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso il 12 dicembre 2016 dal G.i.p. del Tribunale di Torre Annunziata, con il quale si sottoponeva a sequestro funzionale alla confisca la somma di 100 mila euro, pari al profitto del reato di corruzione ascritto all’indagato.” E’ questo il succo della sentenza della Corte di Cassazione (Sent. Sez. 6 Num. 37489) che nell’udienza del 13 luglio si è pronunciata sul caso del finanziere ritenuto colpevole di essersi fatto corrompere per alleggerire la posizione degli ex armatori nell’ambito del crack Deiulemar.
“Secondo la prospettazione accusatoria – prosegue la sentenza- il Giaccone, in qualità di colonnello della Guardia di Finanza e di comandante del gruppo di Torre Annunziata, avrebbe accettato tale somma per interferire negli accertamenti in corso a carico della spa Deiulemar, relativi, in particolare, ad un’operazione di emissione di obbligazioni da parte della società, successivamente fallita. La sussistenza del fumus delicti è stata desunta, in primo luogo, dalle dichiarazioni del Della Gatta, amministratore di fatto della compagnia Deiulemar spa, già condannato per bancarotta fraudolenta- il quale aveva ammesso di aver contattato l’indagato nel 2010 per ottenerne l’interessamento in relazione alle indagini in corso a carico della società e di avergli versato la somma di 100 mila euro-, ritenute attendibili, coerenti e non smentite da altre fonti dichiarative”.
Dalla sentenza emergono anche le modalità di consegna del denaro al finanziere: “In particolare, Lembo Giuseppe, socio del Della Gatta, aveva confermato di aver avallato l’accordo corruttivo concluso dal Della Gatta con l’indagato, precisando persino un particolare specifico, quale l’occultamento del denaro in due scatole di cioccolatini”.
Il ricorso di Fabrizio Giaccone è stato inammissibile, con annessa condanna al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda pari a 1.500 euro.
Si tratta dell’ennesima conferma che per mettere in piedi una truffa del genere gli ex armatori si sono avvalsi di diverse figure compiacenti, che hanno così contribuito al crack che ha messo in ginocchio l’intera economia torrese.
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